Avete mai sentito parlare dei Sumeri? Mentre gran parte del mondo viveva ancora in clan, questo popolo enigmatico emerse in Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate, gettando le fondamenta della prima civiltà umana conosciuta. Ma ciò che li rende davvero affascinanti, al di là delle loro incredibili invenzioni, è il livello di conoscenza scientifica e matematica che possedevano, così avanzato da farci riconsiderare tutto ciò che pensavamo di sapere sulla storia antica. Al centro di questo mistero c’è un antico manufatto: la tavoletta IM 67118, meglio conosciuta come Plimpton 322.
I Sumeri non furono solo i primi a innalzare città e a incidere parole sull’argilla. Furono gli inventori di concetti fondamentali per il progresso umano:
- La ruota
- La prima civiltà urbana
- La scrittura (la prima forma conosciuta)
- Il primo codice di leggi scritto (il codice di Ur-Nammu)
- Sistemi di irrigazione (canali e dighe)
- Le prime opere letterarie
- Il concetto di astronomia e calendario
- I primi sistemi bancari e commerciali
- L’architettura monumentale
- I primi trattati e alleanze politiche
- I primi sistemi di istruzione
- Influenzarono profondamente la mitologia e la religione (anche l’Antico Testamento presenta analogie)
- Inventarono l’uso del sistema numerico sessagesimale (base 60), ancora usato per il tempo
Tutte queste innovazioni fondamentali sono attribuite a loro, emerse in un tempo così remoto da essere difficilmente comprensibile. Ma come è possibile che un popolo apparso “dal niente” abbia potuto raggiungere un tale culmine di civiltà in così breve tempo? La risposta, in parte, risiede nella loro straordinaria comprensione della matematica avanzata.
Ed è qui che entra in gioco la tavoletta IM 67118, scoperta nel sito di Larsa, nell’attuale Iraq, e datata intorno al 2000 a.C., un manufatto d’argilla che rappresenta una delle testimonianze più incredibili della matematica babilonese.
Cosa contiene? Una lista di numeri organizzata in 15 righe e quattro colonne. Questi numeri rappresentano delle terne pitagoriche, cioè triplette di numeri interi che soddisfano la relazione a² + b² = c² e sebbene la tavoletta non mostri la formula esplicita del teorema di Pitagora, i numeri elencati dimostrano inequivocabilmente che i babilonesi erano in grado di calcolare tali terne.
La scoperta sembra riscrivere di gran lunga la storia poiché dimostra che Sumeri e babilonesi possedevano la conoscenza del teorema di Pitagora e delle terne pitagoriche (migliaia di anni prima di Pitagora stesso!) ben 1500 anni prima della sua formale attribuzione a Pitagora.
Questo indica una comprensione della matematica profonda, letteralmente fuori dal tempo, suggerendo un livello di astrazione che va oltre la semplice aritmetica e si avvicina alla matematica come scienza teorica. L’organizzazione sistematica dei numeri sulla tavoletta prova che non stavano solo facendo calcoli isolati, ma seguivano un metodo preciso per generare e organizzare le terne.
Una conoscenza matematica avanzata che non era fine a sé stessa. Ebbe infatti importantissime applicazioni pratiche, in particolare nell’architettura e nell’ingegneria dove la capacità di calcolare con precisione angoli e lunghezze era fondamentale.
Pensateci: senza una profonda conoscenza del teorema di Pitagora e della geometria, come avrebbero potuto costruire edifici, templi e le loro maestose Zigurat dagli “angoli perfetti”? Strutture che, grazie anche a questa precisione matematica, sono rimaste in piedi per migliaia di anni. La matematica era la chiave per la gestione complessa dei sistemi di irrigazione, la suddivisione dei terreni, la prevenzione delle inondazioni e persino l’astronomia.
E con questo arriviamo al punto cruciale, quello che conferisce alla tavoletta IM 67118 l’aura di “aliena”. Non ci sono precedenti storici chiari, non si vede una progressione culturale graduale che porti a questa esplosione di conoscenza avanzata. Sembra letteralmente essere apparsa dal nulla.
La mitologia sumera offre però la sua spiegazione: la loro civiltà e conoscenza furono doni degli Dei, trasmessi all’umanità da figure divine e semidivine, gli Anunnaki. Esseri divini chiamati Apkallu, descritti come saggi, “esseri di luce e conoscenza inviati dagli dei” o “esseri semidivini venuti dal mare”.
Anche Carl Sagan, nel suo libro “Intelligent Life in the Universe”, accennò a un contatto umano avvenuto millenni fa a Eridu con una “civiltà non umana dotata di grandi poteri”.
Quindi, quando si parla di una tavoletta “aliena”, non ci si riferisce al fatto che l’oggetto stesso provenga dallo spazio, ma al mistero dell’origine di un sapere così straordinariamente avanzato e apparentemente senza radici terrene evidenti, che la stessa mitologia sumera attribuisce a un’origine non umana o divina/celeste.
La tavoletta IM 67118 è una testimonianza incredibile della profondità intellettuale dei Sumeri e dei babilonesi. È una prova storica potente che ci costringe a “riscrivere la storia”. Ci dimostra che le radici della conoscenza umana affondano in tempi molto più remoti e, soprattutto, misteriosi di quanto potessimo immaginare.
Questa tavoletta non è solo un reperto archeologico; è una sfida alla nostra comprensione del passato, un invito a guardare oltre le spiegazioni convenzionali e a chiederci: da dove proveniva davvero l’incredibile sapere dei Sumeri? Il mistero degli Apkallu, degli Anunnaki e della conoscenza “che viene dal cielo” rimane, alimentando la nostra curiosità e suggerendo che forse, nella storia antica, c’è ancora molto che non sappiamo.
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