In viaggio con Roberto Cipresso Vini a tutte le latitudini

In viaggio con Roberto Cipresso         Vini a tutte le latitudini

a cura di Mike Flanigan

 

Se mi chiedete un posto dove mi piacerebbe poter permettermi di vivere negli Stati Uniti, vi risponderei certamente a Carmel, costa del Pacifico in California. Una località incantevole incastonata in una foresta di conifere, soprattutto pini marittimi, che rilasciano essenze nell’aria che, lo dicono gli esperti, sono efficace protezione contro i radicali liberi ed antiossidanti. E’ da Carmel che siamo partiti in questo viaggio, sia in andata che in ritorno, nel nuovo e nel vecchio continente, con Roberto Cipresso, alla scoperta dei ‘signature products’ della sua collezione e di alcuni dei suoi vini. Se conosci Carmel o anche se ci sei stato solo brevemente, non puoi non rimanerne affascinato, letteralmente rapito: dalla collina scoscesa che termina letteralmente sulla spiaggia, battuta dalle saline onde rinfrescanti, oceaniche del Pacifico. Carmel è elisir di giovinezza, se pensate a Clint Eastwood, si proprio lui l’attore, ultra novantenne(94), che ne è stato anche sindaco qualche decennio fa e che li ancora ci vive.

Da Carmel parte questo viaggio ‘enologico’ con Roberto Cipresso, quando ne parla è come un fiume in piena, con una conoscenza enciclopedica del vino, nella sua anima nella sua reale essenza. La sua è una visione a 360°, universale, sarà quasi una ‘mission impossible’ sintetizzarne le linee guida, ma accetto volentieri la difficile sfida, mettersi in gioco fa parte dell’essenza vitale di ciascuno di noi.

Conosco Roberto da più di 10 anni, in particolare da quando in un evento a Vicenza abbiamo fatto, con lui protagonista, un collegamento in diretta da Vicenza alla provincia di Mendoza in Argentina, per un resoconto della vendemmia del vitigno Malbec, credo fosse il 2016. Un evento verso la fine dell’Inverno, almeno qui in Italia, mentre in Argentina, si celebrava la vendemmia durante l’autunno australe. Il tutto fu accompagnato con una esibizione in abbinamento di una coppia di ballerini appassionati in momenti di estatico tango argentino. Roberto che spiegava le varie fasi di lavorazione e ci mostrava immagini della sua impresa di rilancio di vigne e vitigni. Una serata di grande successo, perché la combinazione si abbinò perfettamente nelle sue varie fasi. La tecnologia poi del ‘facile comunicare’ con il mondo non era ancora al livello di adesso, avevamo qualche dubbio sulla tenuta del collegamento ma tutto andò benissimo. In quel caso fu veramente fatta scuola.

Seguace all’inizio della sua carriera di Luigi Veronelli, cui deve molta parte del suo essere curioso, Roberto è Bassanese Doc anche se vive ed ha la sua principale attività in Toscana nei pressi di Montalcino. Ha visitato il mondo enologico ovunque, ha raccolto informazioni, aneddoti, esperienze ultra-sensoriali, tipicità dei ‘terroir’, scritto libri, saggi e articoli, ne ha parlato in radio e network collegati, partecipato a manifestazioni, podcast, dirette Facebook, Instagram. Parla di vino non per auto-referenziarsi, ne avrebbe anche il diritto eventualmente, ma perché per questo mondo ha un amore immenso. Quando fai qualcosa che ti piace, non senti mai la fatica.  Per Roberto, ne condivido moltissimo il suo pensiero, ogni assaggio “è un’entrata nell’armadio di Narnia” – dove si celano, come nel libro e nell’omonimo film situazioni incredibili e fantastiche. Il mondo dei comunicatori del vino dei nostri giorni possono ritenersi molto fortunati, hanno mezzi incredibili di comunicazione, ma nel mezzo del marasma della comunicazione e facilità di reperimento dell’informazione, bisogna discernere quale è credibile e quale quella improvvisata e in cerca solo di notorietà, ma ‘fake’ (falsa). Roberto Cipresso fa la differenza, lo capisci subito, parla con il cuore, schietto e aperto, parla ma soprattutto sa anche ascoltare.

Allacciatevi le cinture di sicurezza, partiamo per il viaggio, ognuno nella sua cuffia può metterci come colonna sonora quello che più ritiene opportuno e lasciarsi andare, all’interno di quell’armadio che contiene infine le cose che ci emozionano.

Pinot Nero – Central Coast – 2021 – prodotto ed imbottigliato a Carmel in California. Inizia dalla West Coast Americana la competizione basata sull‘evoluzione della consistenza dei vini in assaggio. Non dipende dal millesimo o dal vitigno, ma dalla forza persuasiva delle riconoscibilità più evidenti ed immediatamente riscontrabili, alla vista (il colore), all’olfatto ed infine al palato. Pinot nero, il più amato ma anche controverso, difficile da domare, un’uva pazzesca, un vino vibrante, elegante e fine, quando riesce impareggiabile. La luce speciale che filtra tra le colline di Carmel, che si apre e sovrasta sulla tipica nebbia oraria della ‘Central Coast’, droga, cioé inebria di sole riflesso e unico il vitigno e le sue mineralità particolari dal suolo che ne alimentano la ricchezza. Influssi salini derivanti dal vicino oceano, il nutrimento dalla terra, un misto di sabbia, roccia calcare ed argilla. In cuffia o come colonna sonora vi suggerisco un gruppo californiano tutto al femminile, HAIM, giovani polistrumentiste ‘fichissime’, il pezzo s’intitola Relationships. Provengono dalla non molto distante San Fernando Valley  e dopo una laboriosa gavetta sono al terzo album.

Attraversiamo l’America verso est, passiamo l’atlantico e con una differenza di 9 ore di fuso orario arriviamo, dove il Pinot Nero è nato e dove, la sua leggenda, si perpetua, infinita, anno dopo anno. In Borgogna, in Francia dove nasce  Pommard Premier Cru  Pinot Noir Les Arvelets 2022. Nella Borgogna della Cote d’Or, della Cote de Baune, della Cote de Nuit, qui dove il Pinot Nero diventa soffice, setoso, tannico, pulsante quasi ematico, passando dall’essere ‘estroverso’ ad essere ‘introverso’ a seconda del terroir specifico cui appartiene. Siamo passati da un clima marittimo tipico della Central Coast Californiana al clima continentale della Francia. Stesso vitigno ma diversa morfologia del suolo, dalla collina scoscesa pendente all’armonia dell’altopiano, Roberto la definisce una ‘geologia antica’, terreno più disponibile, generoso ed accessibile totalmente alla vite. Alla vista ed all’assaggio due mondi differenti, vivace il primo, completo il secondo, le emozioni sensoriali diversificate anche se unite dallo stesso ‘fil rouge’ di eleganza e complessità. Più pacato il primo più profondo e meno trasparente quello francese. Vi giro il suggerimento musicale di Roberto Cipresso che mette in risalto i due Pinot come nel jazz si possano mettere a confronto, Miles Davis e J. Coltrane. Tromba per il primo, celeberrima, sax per il secondo. Un confronto magico anche di personalità che si trasformano diverse ma infine in  contrasto nella vita vera o in esibizione palco o in sala recording.   

Il terzo vino della serata è un volo di breve durata anche nella realtà del viaggio. Dalla centralità del continente alle isole delle Baleari nel mezzo del Mediterraneo, a Majorca, dove nasce Callet, vitigno autoctono dell’isola. Majorca che fu, grandemente di ispirazione per la musica e rifugio di F. Chopin e Madame Aurore Dupin (George Sand) e della loro passione.

L’isola con Palma, la città che ora si offre come ‘resort turistico’ a tutto tondo, patria natia del grande Rafa Nadal. A livello enologico, ha una complessità di offerta di particolare spessore. Proprio nell’isola maggiore delle Baleari, Roberto Cipresso, il ricercatore, ha riscoperto e fatto rinascere questo prodotto dirigendolo con cambio di direzione gestionale dalla quantità verso una più ricercata qualità. Un ‘renacimiento de una bodega’ (rinascita di una cantina), per questo rosso consistente del 2021 della cantina  Santa Caterina _ STA_  di Sencelles. Molto colorato, con una alcolicità evidente, 13.5% vol., nato dalla raccolta di luce, dal sole diretto cui le vigne sono sottoposte, a volte brutale e dalla pulizia garantita dal vento ricorrente, cui le viti sono esposte nel mezzo del Mediterraneo. Rappresenta l’isola nella sua originalità, comunque un prodotto semplice e diluito nonostante il colore intenso. Ci sono, per abbinamento con la musica, 2 brani diversi nello stile, entrambi si chiamano ‘Mediterraneo’, eseguiti da 2 musicisti, autori e ‘performer’ italiani che troppo presto hanno lasciato il palco terrestre, Pino Mango,(Sardegna)  e Giuni Russo (Sicilia), due isole come quella di Majorca.

Finalmente arriviamo a quella che è considerata casa, non solo semplice luogo di attività e domicilio ma dove la passione muove i suoi primi passi e con la ricerca, la determinazione, la curiosità ed il confronto ne diventano partner insostituibili.  A Montalcino inizia la nuova rivoluzione, anche commerciale di Roberto Cipresso e della sua cantina. Il futuro qui sarà caratterizzato da un ‘ritorno al passato’, Stop al commercio fatto a base di rating, di guide e di meccanismi complessi e poco autentici, ma il ritorno alla relazione diretta con il consumatore, una storia ed un racconto esperienziale da tramandare in prima persona, senza filtri o algoritmi.

Il Brunello di Montalcino Docg  2019 è figlio di 5 anni almeno di invecchiamento, nasce da vigneti a 250 metri di altitudine sul livello del mare, consolidati ed esperti, sapientemente allenati e coccolati a mano. Un Vigneto microscopico, meno di un ettaro, con una produzione che si attesta tra le 6500 e le 6700 bottiglie. Il sangiovese, autoctono da queste parti ed il Brunello che ne fuoriesce sono certamente identità plastica del territorio, ma anche una varietà complessa da capire e da comunicare. Invecchiato in botti di legno grandi e piccole di quercia francese: nuove e di secondo passaggio. Giudicata generalmente una annata eccezionale quella del 2019, nel bicchiere finezza e grande varietà di profumi, spezie, sentori di frutta rossa matura: ciliegie e lampone. I tannini levigati e setosi ma sempre decisi nel piglio. Qui ci mettiamo un video di Sting, che per fatalità e scelta vive in Toscana, che si esibisce nel 2009 al conferimento della Hall of Fame per Bruce Springsteen a New York. La sua esibizione di ‘The Rising’, ‘pezzo of the boss’ di fronte a Barack e Michelle Obama tra gli altri, rappresenta perfettamente il Brunello in assaggio, entra soffuso e setoso e poi esplode nella sua complessità di aromi e percezioni, morbidezza e durezza si confrontano e confondono. Vedere ed ascoltare su YouTube. Prima lui da solo, poi insieme alla band ed infine sullo sfondo una corale, un crescendo emozionante.

Terminiamo il percorso in Argentina, in rientro sul continente da cui siamo partiti in America del Sud.  Ancora in Argentina, ma stavolta a 1500 km a nord di Mendoza. Siamo sempre verso la cordigliera della Ande in territori che hanno geologie vecchie di milioni di anni, a Salta, seconda zona di allevamento di uva e vitigni, nella Valle del Calchaquies. Ad una altezza di 2200 metri di quota, nasce il Malbec 2017 -Pachamama – nome che gli abitanti ‘nativi’ della valle davano alla ‘madre terra’ in un continuo rapporto naturale e spirituale.

Il terreno misto di gesso e cenere vulcanica, libero dalla filossera che a quelle altitudini non è mai riuscita ad arrivarci. Vigneti in mezzo ai castagni ed ai pini. Il vino è di una vivace, profonda consistenza di colore e di spessore, ha 15% di alcol e la densità del frutto e la spalla acida ne formano un carattere da lungo invecchiamento. Colore profondo e poco trasparente. Intenso e lungo nella sua persistenza gustativa che si sposa, si potrebbe dire si consuma, come un atto di amore, una promessa che può nascere in una ballata romantica o nel trasporto dei sensi di un ballo profondo, intenso e coinvolgente. Qui, vado contro corrente, ma inebriato dall’aria fine e dall’altitudine, mi sento di suggerire quello che ascoltavo in sottofondo mentre terminavo questa scrittura, la sequenza ha proposto i Red Hot Chili Peppers, con Can’t Stop, che immagino all’ascolto eseguito come un tango rivisto e corretto, secondo me con le movenze giuste potremmo esserci.

Roberto non si ferma intanto, nuove idee e nuove visioni, in Messico al confine con gli Stati Uniti dove invece di metterci un muro ci pianta delle viti e poi in Uruguay nei pressi dell’oceano, ed infine la sua idea di ‘multiproprietà’ che si chiama Oria Toscana, un investimento potenzialmente redditizio di proprietà frazionata per possedere e poter degustare un vino personalizzato da fare proprio.

Leggere attentamente le istruzioni e le modalità d’uso! Alla prossima.

 

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